Mentre le chiese si svuotano e i giovani abbandonano la pratica dei sacramenti, fedeli e teologi si domandano se e dove si sia sbagliato nell’annuncio di un Vangelo la cui forza non perde di attualità, una volta che sia consentito viverlo in forme aggiornate ed esprimerlo nelle opportune direzioni missionarie. Le cause dell’impassesono ricondotte generalmente a fattori interni ed esterni alla Chiesa: gli scandali della pedofilia e alcune spregiudicate operazioni affaristiche; la generale carenza culturale in materia scritturistica, storico-religiosa e filosofica; il moralismo inerte e privo di sobrietà; la dicotomia tra chierici e laici; il paradigma ancora ampiamente maschile con cui il «potere/servizio» viene gestito dagli apparati organizzativi; l’industria dell’intrattenimento emotivistico; un’istituzione ecclesiale che non riesce più a giustificare il patrimonio accumulato (immobiliare e anche artistico), parzialmente svuotato di significato socio-educativo.
In questo volume, sette studiosi – una sociologa, una teologa dogmatica e cinque teologi della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – analizzano le linee programmatiche delle encicliche di papa Francesco, le confrontano ai dati statistici internazionali (in particolare alla situazione francese e tedesca) e alle iniziative sinodali del laboratorio pastorale italiano, specificamente quello ambrosiano.
Sul piano teorico, un modello «paradigmatico», approfondito da Stanley Hauerwas, si oppone a un altro «ermeneutico», proposto da Lewis Mudge. Secondo il primo, la Chiesa – per quanto minoritaria – ha la capacità di opporre la propria tradizione e forza aggregativa ai miti illusori di un contrattualismo esasperato e anaffettivo. La comunità ecclesiale narra infatti una storia di liberazione e ascolta con obbedienza la parola e l’appello che Dio consegna ai credenti, ispirandone lo stile di vita e alimentandone la missionarietà. Secondo Mudge, invece, la vita di fede deve tener conto del pluralismo morale dei suoi membri, abbandonare pretese isolazioniste e autonomiste, evitare di edificare colonie autoreferenziali e di progettare offensive espansionistiche. Piuttosto, essa dovrebbe discernere dove il mondo sta anonimamente operando in forma cristiana. La Chiesa è immaginata come un organismo ospitale, vitale, inclusivo.
Nel mondo tecnologico, in cui l’uomo basta a sé senza ricorrere all’«ipotesi Dio» (Bonhoeffer), la religione non rappresenta più un fattore di integrazione sociale spontanea, né ha il potere di catalizzare le varie ondate di spiritualismo. Essa non può né vuole più essere il «cappellano di corte» dei poteri mondani e, d’altro canto, lo stesso manifesto illuministico di una ragione «come se Dio non ci fosse» ha visto le proprie grandi narrazioni di libertà, fraternità e uguaglianza infrangersi sugli scogli di un implacabile e iniquo capitalismo globale e nel deserto del ritiro privatistico e del sospettoso confronto fra stranieri morali. L’enfasi posta su diritti-senza-doveri ha svuotato il significato di esperienze relazionali primarie – sessualità, matrimonio, gravidanza, educazione, infermità –, mentre la speranza escatologica si è ritratta pavidamente. Nel contempo la lotta ecologista, la difesa dei diritti degli animali, gli studi sull’identità affettiva e il pacifismo rappresentano progetti confortanti, se evitano inammisibili derive olistiche.
Il volume testimonia l’esigenza di accompagnare personalmente i diversi itinerari di fede e spiritualità, intercettando il desiderio di pregare e stringere relazioni fiduciali, per come tale desiderio si incarna nei concreti luoghi di vita, lavoro e svago giovanile. Mentre la stessa secolarizzazione mostra seri arretramenti, l’attesa di giustizia prepara il terreno per un annuncio del Regno.
Fonte da: Rivista La Civiltà Cattolica, Quaderno 4176 - pag. 617-618
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