Questo libro è di fatto il testamento di Gigi Sabbioni, un prete di Lodi recentemente scomparso (1958-2019) e dal 2011 paralizzato in seguito a un incidente. Di questa vicenda e del conseguente carico umano e spirituale egli ne aveva parlato in un precedente libro,Ovunque tu vada, a suo tempo presentato su questa rivista (cfrCiv. Catt.2018 I 201 s).
In questo testo don Gigi riflette su un tema affascinante e difficile, purtroppo in gran parte disatteso, non solo nella cultura odierna, ma anche in sede di predicazione e di vita spirituale. Eppure la vita eterna è la parola più compiuta della speranza che accomuna l’uomo e la donna di ogni condizione e ceto. A coloro che sembrano aver smarrito tale speranza don Gigi vuole dare parola, in qualche modo ricomprendendo le loro vicende nelle pagine di questo libro. Perché non cedano alla disperazione e al rifiuto di vivere.
Il «per sempre» è iscritto nel cuore di ciascuno; il nostro essere non registra la propria morte, specie quando ha amato in maniera piena, e spera che tutto ciò non si dissolva come se non fosse mai stato: «Ci sono ragioni per credere nell’aldilà: il “per sempre” invocato dal nostro cuore; la felicità in noi, la gioia di essere, per quanto intermittente, invoca per sé stessa una felicità piena e definitiva, che non può più essere perduta» (p. 6).
Le pagine che scandiscono il libro ripercorrono il tema della vita eterna così come viene presentata nella Bibbia, un tema che accomuna ogni situazione umana: l’aspirazione dei salmi a vivere in pienezza, e insieme l’ammonimento a non lasciarsi istupidire dalla prosperità; la speranza nella persecuzione espressa dalla madre dei sette figli nel Secondo libro dei Maccabei; la contemplazione della grandezza dell’uomo in Paolo; le parabole del Regno, con la menzione della piccolezza del seme e la necessità di morire per portare frutto; l’urgenza della scelta perché il tempo è breve, ma in esso si gioca l’eterno; la gioia del tesoro trovato, per il quale vale la pena lasciare ogni cosa.
Sono frammenti, ma anche anticipi di pienezza che nelle varie circostanze della vita parlano di una gioia senza fine. Una gioia che non è preclusa a chi non ha potuto pareggiare i conti o accumulare prestazioni, come nella parabola degli operai dell’ultima ora. Una parabola che trova realizzazione nello splendido dialogo tra Gesù e il buon ladrone: «È straordinaria questa fiducia del Cristo, che vede la continuità della vita attraverso e oltre la morte, in un presente che sfocerà subito in un futuro beato. Per sé, e per quell’uomo che sinceramente gli si affida, il Salvatore procede verso il Paradiso» (p. 36).
Il pensiero del Paradiso non cancella tribolazioni e sofferenze: anche il Padre versa lacrime, e l’ingresso nel Paradiso sarà l’ultima lacrima, una lacrima di gioia che non annulla il dolore, ma lo ricomprende in sé in un modo che solo l’amore è capace di fare. È il messaggio che scandisce la bellissima preghiera finale, di cui riportiamo alcune battute:Sarà l’ultima lacrima anche per Te, / ma nessuno la tergerà: / qualche istante a rigare il Tuo volto di Padre, / segno a tutti di quanto dolore / il Tuo amore ha portato da sempre, / e commossa letizia di averci per sempre con Te.
Recensioni